Eugenio Carmi e l'industria

Consulente artistico all'Italsider: l'arte entra in fabbrica e e la fabbrica produce cultura 
(guarda il video documentario)
Nel 1956 Eugenio Carmi diventa consulente artistico per la Cornigliano, industria siderurgica genovese diretta da Gian Lupo Osti, che ne è segretario generale. In linea con le teorie gestionali di Schumpeter e Olivetti, Osti è convinto che un’industria non debba essere solo fonte di beni materiali ma soprattutto, grazie alle sue enormi potenzialità economiche, produttrice di cultura e agente di progresso civile. Dirigente illuminato, realizza un programma di rilancio dello stabilimento che, come altre industrie italiane, nel dopoguerra riceve i fondi del piano Marshall: accanto a un progetto industriale di avanguardia Osti intende fin da subito promuovere una politica culturale strettamente legata sia all’ambiente intellettuale e artistico contemporaneo che al territorio circostante ed è per questo che si affida alla sensibilità di un artista. Eugenio Carmi viene chiamato da Osti per creare una nuova immagine aziendale, avveniristica e progressista.
 Nel 1961 la Cornigliano si fonda con l'Ilva e nasce l'Italsider, che accorpa altre sedi siderurgiche. Sotto la guida di Osti, con Carmi l'Italsider diventa un'industria di idee e cultura. 
Contemporaneamente il lavoro artistico di Eugenio Carmi è estremamente fertile e dà una forte impronta alla fabbrica, che a sua volta influenza la poetica dell'artista. (Leggi il testo di Umberto Eco. - Leggi il testo di Gillo Dorfles sulle opere di Carmi, Appunti sul nostro tempo). Parallelamente Carmi è uno degli esponenti dei linguaggi della grafica internazionale.

Rivista Italsider, veicolo d’arte e cultura

Editoria

Mostre: fuori dall’accademia, produzione e provocazione

Comunicazione aziendale: il linguaggio dell’astrazione e l’irruzione del colore

Contributi di Carmi alla grafica degli anni ‘50 e ‘60

Copertina rivista Cornigliano n.3 1957
Copertina rivista Cornigliano n.2 1959
Copertina rivista Cornigliano n.4 1959
Copertina rivista Italsider n.4 1962
Copertina rivista Italsider n.6 1963
Copertina rivista Italsider n.3-4 1964

Rivista Italsider, veicolo d’arte e cultura


Come prima cosa gli viene affidata la comunicazione rivolta al pubblico esterno all’industria attraverso una campagna istituzionale sui principali giornali nazionali e locali. L’idea è di mostrare la potenzialità dell’acciaio quale motore della modernizzazione del paese, con un linguaggio visivo d’avanguardia. Carmi utilizza la sovrapposizione di negativi fotografici per le immagini e una grafica essenziale con inserimenti geometrici. 
Per la comunicazione aziendale interna, viene creata la Rivista Cornigliano  periodico di informazione destinato ai dipendenti. Carmi, che ne è art director, si rivolge, per la redazione della rivista, a un giovane giornalista dell’Ansa, Carlo Fedeli (che dal ’56 diventa anche responsabile dell’ufficio stampa dell’industria) con il quale studiano l'impostazione della rivista.
 Nasce così tra Osti, Carmi e Fedeli – accumunati dagli stessi intenti culturali e sociali, dallo stesso entusiasmo - una collaborazione estremamente fertile che proseguirà negli anni. “Io ero molto ambizioso, (…) [bisognava dare] un’immagine all’acciaieria, un’immagine contemporanea e forte, ma anche culturalmente forte. Questo era quello che mi interessava e che interessava anche a Osti e Fedeli; (…) Ho cominciato a fare tutta la grafica dell’azienda e a chiamare per le copertine delle riviste tanti artisti che conoscevo in Italia e in Europa: sembravano copertine di una rivista d’arte, mentre era una rivista aziendale. (…) Perché l’immagine fosse sempre di un livello di primissimo piano.”
 Dal 1961 al 1965 l’esperienza industriale di Carmi continua sotto un nuovo mandato. Il 27 aprile1961 la Cornigliano si fonde con un altro gruppo siderurgico, l’Ilva, e viene fondata la società Italsider s.p.a che accorpa all’azienda ligure altre sedi italiane: le “città del ferro” di Bagnoli, Taranto, Marghera, Lovere, Savona, Novi Ligure, Piombino, Trieste, San Giovanni Valdarno, Campi, fanno capo alla gestione centrale di Gian Lupo Osti a Genova.
Eugenio Carmi e Carlo Fedeli (con il quale in seguito fonderà la Galleria del Deposito) potenziano e rinnovano la testata, che ora si chiama Rivista Italsider. Destinato non più ai soli dipendenti degli undici stabilimenti ma ad un pubblico più allargato, diventa una pubblicazione di alto profilo culturale, con i contributi di un numero crescente di artisti, intellettuali e fotografi del panorama internazionale.
 Cambia la veste grafica della rivista e uno degli elementi più rilevanti è che le copertine, prima dedicate alla fabbrica e al ferro, riproducono – o addirittura commissionano - le opere di artisti contemporanei internazionali, sia affermati che emergenti.

Copertina del libro "I colori del ferro", 1963.
John Deakin, catasta di bramme “scriccate”completamente (in alto) e parzialmente (in basso)
Paolo Monti, Veduta dall’alto di una fase di costruzione
Mimmo Castellano, Catene navali per ancoraggio, imbrattate di vernice
Paolo Monti, lamiera di protezione, macchiata di smalto rosso
Kurt Blum, rotaie da 60 kg per metro dopo l’esame di collaudo
Federico Patellani, verniciatura di un gasometro
Franco Cianetti, composizione di Zoltan Kemeny
Davide Clari, particolare di una composizione in ferro di Eugenio Carmi
Ugo Mulas, “Colloquio col vento” (particolare), scultura in lamiera eseguita da Pietro Consagra

Editoria

Nell’ambito dell’attività editoriale dell’industria, Eugenio Carmi e Carlo Fedeli realizzano anche dei libri, quali Immagine di una città (1958) e Immagine di una fabbrica (1959). Carmi affida i reportage al fotografo svizzero Kurt Blum, ritenendolo tra i più sensibili alla comprensione e all’interpretazione profonda dell’essenza minacciosa ma affascinante dell’industria, oltre un’apparenza scontata. Per la copertina del secondo raffinato libro fotografico, Carmi fa ancora una scelta astratta, e realizza un’opera ad hoc che attraverso la sintesi del rosso e del nero e pochi segni informali evoca immediatamente le impressioni dell’acciaieria. Siamo negli anni dei suoi smalti su acciaio che inizia a realizzare tra il 1958 e il 1959.
 Nel 1963 Eugenio Carmi concepisce un progetto editoriale che, in linea con la politica culturale della Rivista, rappresenta ancora una volta il superamento del confine tra il mondo siderurgico e quello dell’arte contemporanea. Il volume I colori del ferro viene pubblicato dall’Italsider come strenna natalizia. A una serie di immagini di grandi fotografi (Kurt Blum, Paolo Monti, Ugo Mulas, Federico Patellani, Lando Civilini…), Carmi affianca e alterna fotografie e macro fotografie tecniche di materiali e scorci industriali, in un dialogo estetico e semantico inedito e sofisticato. Il saggio di Umberto Eco contenuto nel volume introduce l’operazione, sottolineando anche l’importanza dell’idea di Carmi e Fedeli di affidare le didascalie non a un critico d’arte ma a un ingegnere, Gino Papuli che, con dovizia di particolari interessanti su materiali e processi di lavorazione, fornisce un ulteriore piano di lettura.
Da un'idea di Carmi viene realizzato anche un filmato, che l'artista firma insieme a Kurt Blum che ne è autore principale. Ne L'uomo il fuoco il ferro (guarda il video), Blum, attraverso una regia e un montaggio decisamente ispirati al cinema russo degli anni '20 e al Simbolismo francese, suggerisce un'immagine "mostruosa" e disumana della fabbrica, anche se esteticamente emozionante. Gli operai appaiono come delle comparse senza volto, minacciati da colate di acciao e da giganteschi macchinari in movimento, con i quali devono interagire ogni giorno. Suggestione diabolica di Prokof'ev (eseguita dalla pianista Lisetta Carmi), sottolinea la drammaticità delle immagini. Anche in questo caso la realtà viene rappresentata anche nelle sue forme astratte. Il film vinse il Leone d'Oro alla Biennale del cinema di Venezia.

Mostra d'arte italiana al Padiglione Italsider. Palazzo Sokolniki. maggio 1962. Mosca
Mostra d'arte italiana al Padiglione Italsider. Palazzo Sokolniki. maggio 1962. Mosca
Scultura "all'Algeria". Mostra "Sculture nella città", Spoleto, 1962. Foto di Ugo Mulas
Beverly Pepper mentre lavora ad una sua scultura nell'officina dello stabilimento Italsider di Piombino per la mostra "Sculture nella Città", Spoleto, 1962
Beverly Pepper, "Mobile", realizzata nell'officina dello stabilimento Italsider di Piombino per la mostra "Sculture nella Città", Spoleto, 1962
Carlo Lorenzetti al lavoro alla sua scultura nello stabilimento Italsider di Savona, per la mostra "Sculture nella Città", Spoleto, 1962
Pietro Consagra, "Colloquio col vento", realizzata nell'officina dello stabilimento Italsider di Savona per la mostra "Sculture nella Città", Spoleto, 1962
Pietro Consagra, "Colloquio col vento", realizzata nell'officina dello stabilimento Italsider di Savona per la mostra "Sculture nella Città", Spoleto, 1962
Lynn Chadwick, "Due figure alate", acciaio. Realizzata nell'officina del centro siderurgico "Oscar Sinigaglia" di Cornigliano per la mostra "Sculture nella Città", 1962
Lynn Chadwick, "Due figure alate", acciaio. Realizzata nell'officina del centro siderurgico "Oscar Sinigaglia" di Cornigliano per la mostra "Sculture nella Città", 1962
Ettore Colla mentre lavora con degli operai alla sua scultura "La grande spirale" nell'officina dello stabilimento Italsider di Bagnoli per la mostra "Sculture nella Città", Spoleto, 1962
Ettore Colla, "La grande spirale", h. 12 metri. Realizzata nell'officina dello stabilimento Italsider di Bagnoli per la mostra "Sculture nella Città", Spoleto, 1962
Calder, "La Vedova Nera". Realizzata nell'officina dello stabilimento Italsider di Savona per la mostra "Sculture nella Città", Spoleto, 1962
Calder, "Teodelapio", 1962. mt. 18x14, peso 30 t., Lastre di ferro. Realizzata nell'officina dello stabilimento Italsider di Savona per la mostra "Sculture nella Città", Spoleto, 1962
Nino Franchina, "Spoleto 1962", realizzata nell'officina del centro siderurgico "Oscar Sinigaglia" di Cornigliano per la mostra "Sculture nella Città", 1962

Mostre: fuori dall'accademia, produzione e provocazione

L’Industria genovese Cornigliano intende essere anche un polo di riferimento rispetto alla qualità dell’habitat sia lavorativo che abitativo che urbanistico. Nel marzo del 1959 organizza, presso la Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma, la mostra Forme e tecniche dell’architettura contemporanea, il cui comitato esecutivo è composto, oltre che da Gianlupo Osti ed Eugenio Carmi, da Giulio Carlo Argan, Bruno Zevi, Palma Bucarelli, Luigi Moretti.
L’esposizione è divisa in due settori: con una personale di Le Corbusier viene mostrato un esempio di grande architettura contemporanea, e con la mostra Lamiere d’acciaio nell’architettura. Costruire nel nostro tempo, curata da Konrad Wachsmann, viene offerto un percorso dedicato alle nuove tecniche costruttive, ai prefabbricati e ai materiali industriali in grado di aggiornare le forme del vivere moderno.
Accanto ai progetti, ai plastici e alle fotografie, sono esposte anche opere di Carmi realizzate a fuoco (la riproduzione di Architettura immaginaria diventa la copertina del catalogo e il manifesto della mostra) e di Emilio Scanavino.
Con il passaggio da Cornigliano a Italsider tutto quanto assume un respiro molto più ampio sia, naturalmente, dal punto di vista produttivo ed economico ma anche – ed è quanto soprattutto interessa a Carmi, Fedeli e Osti – dal punto di vista della promozione culturale. Con la nuova dimensione nazionale aumentano le occasioni pubbliche, editoriali ed espositive ed è infatti questa una stagione che vede il patrocinio da parte dell’l’Italsider di eventi culturali  incisivi, ponendosi come luogo anti accademico di sperimentazione.
Eugenio Carmi assume un ruolo sia centripeto che centrifugo nei confronti dell’industria: attraverso il suo impulso creativo l’arte entra in fabbrica e nello stesso tempo l’artista rappresenta un riferimento  propulsivo nel panorama della sperimentazione artistica italiana e non solo. Come succede negli stessi anni con la Galleria del Deposito di Boccadasse, Carmi diventa un catalizzatore di talenti.
 Nel 1962 in occasione della Mostra delle realizzazioni dell’industria italiana a Mosca, Carmi, con il sostegno di Gianlupo Osti e la collaborazione della Galleria del Naviglio di Milano, firma la partecipazione Italsider con uno stand che presenta, accanto ad una sala informativa sui prodotti aziendali, una rassegna di arte contemporanea italiana. Sfidando l’ortodossia del realismo socialista (infatti non mancarono reazioni di perplessità e polemica da parte di autorità moscovite), invita una serie di artisti (Attardi, Bacci, Cantatore, Capogrossi, Cazzaniga, Chiti, Costantini, Gentilini, Perilli, Porzano, Scanavino, Verzetti, Vespignani, Vedova e Carmi stesso) a partecipare con un’opera di grande formato ispirata al mondo del lavoro, che in alcuni casi commissiona ad hoc per conto dell’azienda. Per l’allestimento chiama Bruno Munari che crea uno spazio circolare completamente nero e suggestivamente illuminato dall’alto.
Nell’estate dello stesso anno, all’interno della manifestazione del V Festival dei due mondi, Giovanni Carandente organizza a Spoleto la mostra Sculture nella città, evento che, tra polemica e ammirazione, richiamerà l’attenzione della stampa di tutto il mondo. Partecipano cinquanta artisti internazionali invitati a esporre nello spazio urbano: le quinte antiche dei palazzi e delle piazze diventano eccezionalmente un museo all’aperto.
L’iniziativa ottiene il sostegno economico e organizzativo della società Italsider. L’azienda inizialmente avrebbe dovuto fornire soltanto un apporto finanziario ma Carmi e Fedeli propongono un incontro più diretto tra il lavoro degli artisti e quello delle officine siderurgiche, trasformando la fabbrica in officina di talenti: l’Italsider mette a disposizione, a dieci fra gli scultori selezionati da Carandente, le gigantesche strutture dei vari stabilimenti e la collaborazione degli operai per realizzare opere in ferro di grandi dimensioni che nessun’artista avrebbe mai potuto realizzare nel proprio studio.
 David Smith lavora nella fabbrica dismessa di Voltri, Carlo Lorenzetti e Pietro Consagra scelgono Savona, come pure Alexander Calder il quale invia solo il bozzetto dell’opera Teodelapio, che verrà realizzata direttamente dagli operai dello stabilimento, Lyhn Chadwick e Ettore Colla lavorano a Bagnoli, Beverly Pepper a Piombino, Arnaldo Pomodoro a Lovere, Nino Franchina a Cornigliano. Eugenio Carmi stesso, invitato ad esporre, realizza la scultura in ferro e acciaio inossidabile All’Algeria, riguardo alla quale in seguito ricorderà più volte soprattutto la partecipazione entusiasta e propositiva degli operai.

Cartelli antinfortunistici per l'Italsider 1965
Uno dei cartelli qualità per l'Italsider 1965
Uno dei cartelli antinfortunistici per l'Italsider 1965
Copertina fascicolo - immagine coordinata Italsider
Dorsi cartelle - immagine coordinata Italsider

Comunicazione aziendale: il linguaggio dell’astrazione, l’irruzione del colore

Eugenio Carmi è l’autore di tutta l’immagine coordinata dell’azienda, intervenendo su una serie di iniziative volute dalla direzione generale di Osti, finalizzate a migliorare l’esperienza umana e lavorativa nella fabbrica.
 Lo stile industriale che crea per lo stabilimento di Cornigliano prima e per l’Italsider poi si basa sull’uso ricorrente di elementi geometrici che, come una sorta di marchio aziendale, caratterizzano la segnaletica esterna della fabbrica, tutto il materiale ad uso degli impiegati (cartelle, raccoglitori…), i comunicati stampa, gli opuscoli informativi, le carte da regalo e persino gli schemi interni di bilancio.
 Portando il linguaggio dell’astrazione in tutti i prodotti della fabbrica e, come sottolinea l’amico e collega Carlo Fedeli, provocando l’irruzione del colore in tutti gli ambienti di lavoro, ridefinisce gli spazi e i modi del sistema industriale, credendo nella dignità del lavoro e nel valore liberatorio dell’arte quale elemento attivo nella vita sociale.
 Nel 1965 disegna otto cartelli sulla qualità che, stampati su latta negli stabilimenti, illustrano una serie di slogan con elementi geometrici essenziali, lettere dell’alfabeto e colori su fondo bianco.
 L’attenzione al mondo operaio è per Carmi motore di creatività. E’ convinto che chi lavora in fabbrica ha bisogno non solo di bellezza ma anche di un pensiero stimolante e non meccanico o scontato. E’ per questo che quando deve realizzare una serie di cartelli antinfortunistici non segue gli stereotipi  da sempre diffusi ma fa un ribaltamento: invece di rappresentare “il pericolo”, richiama l’attenzione sulla parte del corpo da proteggere, rivoluzionando i modi della comunicazione e stabilendo un rapporto più umano con chi guarda. Forme – anche in questo caso – geometriche ed essenziali realizzate nei sei colori primari, raffigurano testa, occhi, mani… ribaditi, con la tipica energia visiva di Carmi, dalla parola scritta in helvetica. Leggi il testo di Bruno Munari. Leggi il testo di Umberto Eco.

Manifesto della XI Triennale di Milano 1957
Un manifesto con gli autoritratti di alcuni tra i più importanti grafici di tutto il mondo. Quello di Eugenio Carmi (terzo riquadro da sinistra nella prima fila in alto) è visibile nella foto successiva.
L'autoritratto di Eugenio Carmi pubblicato tra gli altri autoritratti di alcuni tra i più importanti grafici di tutto il mondo.
Eugenio Carmi e altri grafici internazionali.
Copertina per Bompiani Editore
Copertina per Bompiani Editore
Copertina per Pelican Book

Contributi di Carmi alla grafica degli anni '50 e '60

Eugenio Carmi (membro dell’Alliance Graphique International dal 1954) ha dato un importante contributo alla grafica italiana degli anni ’50 e ’60. Leggi il testo "Creativi negli anni Cinquanta" di Mario Piazza - Leggi il testo dalla rivista Graphis (in inglese in francese) Al di là del suo ruolo all’Italsider,  di cui abbiamo ampiamente parlato qui sopra, Carmi è autore di molti lavori di comunicazione visiva per altre grandi e piccole industrie, tra le quali la Esso.
Ma oltre alla pubblicità, vanno ricordati i suoi lavori grafici nel campo dell’editoria e della cultura. Alla fine degli anni '60 firma una serie di copertine per la casa editrice Bompiani e nel 1957 è autore del manifesto della XI Triennale di Milano, con il quale vince il Premio Unico Internazionale per il Manifesto della XI Triennale.