Copertina del libro "I colori del ferro", 1963.
John Deakin, catasta di bramme “scriccate”completamente (in alto) e parzialmente (in basso)
Paolo Monti, Veduta dall’alto di una fase di costruzione
Mimmo Castellano, Catene navali per ancoraggio, imbrattate di vernice
Paolo Monti, lamiera di protezione, macchiata di smalto rosso
Kurt Blum, rotaie da 60 kg per metro dopo l’esame di collaudo
Federico Patellani, verniciatura di un gasometro
Franco Cianetti, composizione di Zoltan Kemeny
Davide Clari, particolare di una composizione in ferro di Eugenio Carmi
Ugo Mulas, “Colloquio col vento” (particolare), scultura in lamiera eseguita da Pietro Consagra

Editoria

Nell’ambito dell’attività editoriale dell’industria, Eugenio Carmi e Carlo Fedeli realizzano anche dei libri, quali Immagine di una città (1958) e Immagine di una fabbrica (1959). Carmi affida i reportage al fotografo svizzero Kurt Blum, ritenendolo tra i più sensibili alla comprensione e all’interpretazione profonda dell’essenza minacciosa ma affascinante dell’industria, oltre un’apparenza scontata. Per la copertina del secondo raffinato libro fotografico, Carmi fa ancora una scelta astratta, e realizza un’opera ad hoc che attraverso la sintesi del rosso e del nero e pochi segni informali evoca immediatamente le impressioni dell’acciaieria. Siamo negli anni dei suoi smalti su acciaio che inizia a realizzare tra il 1958 e il 1959.
 Nel 1963 Eugenio Carmi concepisce un progetto editoriale che, in linea con la politica culturale della Rivista, rappresenta ancora una volta il superamento del confine tra il mondo siderurgico e quello dell’arte contemporanea. Il volume I colori del ferro viene pubblicato dall’Italsider come strenna natalizia. A una serie di immagini di grandi fotografi (Kurt Blum, Paolo Monti, Ugo Mulas, Federico Patellani, Lando Civilini…), Carmi affianca e alterna fotografie e macro fotografie tecniche di materiali e scorci industriali, in un dialogo estetico e semantico inedito e sofisticato. Il saggio di Umberto Eco contenuto nel volume introduce l’operazione, sottolineando anche l’importanza dell’idea di Carmi e Fedeli di affidare le didascalie non a un critico d’arte ma a un ingegnere, Gino Papuli che, con dovizia di particolari interessanti su materiali e processi di lavorazione, fornisce un ulteriore piano di lettura.

Da un'idea di Carmi viene realizzato anche un filmato, che l'artista firma insieme a Kurt Blum che ne è autore principale. Ne L'uomo il fuoco il ferro (guarda il video), Blum, attraverso una regia e un montaggio decisamente ispirati al cinema russo degli anni '20 e al Simbolismo francese, suggerisce un'immagine "mostruosa" e disumana della fabbrica, anche se esteticamente emozionante. Gli operai appaiono come delle comparse senza volto, minacciati da colate di acciao e da giganteschi macchinari in movimento, con i quali devono interagire ogni giorno. Suggestione diabolica di Prokof'ev (eseguita dalla pianista Lisetta Carmi), sottolinea la drammaticità delle immagini. Anche in questo caso la realtà viene rappresentata anche nelle sue forme astratte. Il film vinse il Leone d'Oro alla Biennale del cinema di Venezia.